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Indicatori di compliance, De Franceschi: “Un restyling che produrrà solo nuovi costi. Si torni al concordato preventivo fiscale”

L’annuncio del “pensionamento” degli studi di settore per lasciare spazio agli “indicatori di compliance” è, per il tributarista veneziano Alberto De Franceschi, il tentativo di “vestire a nuovo ciò che nuovo non è”.
“Questo restyling produrrà solo nuovi costi per noi operatori del settore – avverte l’esperto – per nuovi software, formazione, manualistica varia e fiumi di ore straordinarie in attesa della versione definitiva a ridosso scadenza”.
De Franceschi insiste nel sottolineare che “la questione si risolverebbe più semplicemente con il vecchio, ma efficientissimo, concordato preventivo fiscale triennale. Questo consentirebbe la tranquillità agli imprenditori di fare pianificazione fiscale nei propri bilanci e al fisco di monitorare e programmare meglio le proprie azioni sia di controllo che di gettito delle imposte”.

De Franceschi- Mancati rimborsi dei 730 dovuti ad anomalie del precompilato

Alberto De Franceschi, tributarista: “Sistema ancora acerbo, in molti confermano i dati senza verificare e le 220mila lettere inviate dall’Agenzia delle Entrate ne sono l’amara conferma”

In molti attendevano, tra luglio e agosto, il rimborso dei modelli 730. Molti, anche in Veneto, non sono ancora arrivati. Il motivo? Il direttore dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi aveva annunciato, in prossimità di Ferragosto, l’imminente arrivo di 220 mila lettere relative ad anomalie e omissioni da 730 e in particolare per quelli che hanno utilizzato il sistema dei “precompilati”. «Questo significa che il mancato rimborso del 730 può essere causato dalla sospensione a seguito di anomalie – fa sapere il tributarista veneziano Alberto De Franceschi -. Non a caso alla riapertura dei nostri uffici in queste ore siamo stati inondati di chiamate di pensionati, nostri ex clienti che hanno fatto per la prima volta il precompilato, preoccupati perché non hanno ricevuto ad agosto il rimborso tanto atteso».

Nel complesso, i modelli trasmessi in provincia di Treviso sono 41.352, a Venezia sono 46.353 e a Padova sono 44.638. «Secondo i dati forniti dall’Agenzia delle Entrate – fa sapere De Franceschi – circa il 10% di questi presentano anomalie, quindi ci aspettiamo circa 4.100 lettere nel trevigiano, 4.600 a Venezia e 4.400 nel padovano. Le comunicazioni riguardano modelli in cui sono indicati dati non corretti o anomali come, ad esempio, i giorni delle certificazioni uniche prodotte dall’INPS non indicati correttamente, talune spese mediche e sanitarie non deducibili o indicate nel modello anche se già rimborsate dalle assicurazioni e, non ultimo, chi non ha fatto il modello anche se tenuto».

«Il sistema del precompilato pertanto è da ritenersi ancora acerbo – continua l’esperto – non avendo ancora pesato bene l’utenza che non sempre è sufficientemente preparata sia a livello informatico sia normativo a fare da sé il modello visto che in molti casi conferma senza verificare i dati, che spesso sono parziali o inesatti. L’invio delle 220mila comunicazioni ne è l’amara conferma».

Qualora il contribuente abbia ricevuto l’avviso può sistemare le anomalie e contestazioni o attraverso il modello 730 integrativo o con un modello unico. «La scelta spesso è determinata dal risultato – spiega De Franceschi  -: se a debito o minor credito d’imposta si dovrà pagare con modello F24 calcolando le sanzioni ridotte con il ravvedimento operoso per i giorni di ritardato nel pagamento e successivamente si deve fare un modello unico integrativo da trasmettere entro il 30 settembre. Se a credito o a maggior credito o per variazione del sostituto d’imposta potrà compilare un modello 730 integrativo entro il 31 ottobre che produrrà il rimborso spettante entro la liquidazione del cedolino di dicembre, quindi entro il 10 gennaio 2017. In assenza del sostituto d’imposta (datore di lavoro) il rimborso verrà fatto direttamente dall’Agenzia delle Entrate. In tutti i casi consigliamo di farsi assistere da un professionista abilitato o da un CAF di vostra fiducia».

De Franceschi, mancati rimborsi dei 730 dovuti ad anomalie del precompilato: perchè succede e come rimediare

Alberto De Franceschi, tributarista: “Precompilato sistema ancora acerbo, in molti confermano i dati senza verificare e le 220mila lettere inviate dall’Agenzia delle Entrate ne sono l’amara conferma”

In molti attendevano, tra luglio e agosto, il rimborso dei modelli 730. Molti, anche in Veneto, non sono ancora arrivati. Il motivo? Il direttore dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi aveva annunciato, in prossimità di Ferragosto, l’imminente arrivo di 220 mila lettere relative ad anomalie e omissioni da 730 e in particolare per quelli che hanno utilizzato il sistema dei “precompilati”. «Questo significa che il mancato rimborso del 730 può essere causato dalla sospensione a seguito di anomalie – fa sapere il tributarista veneziano Alberto De Franceschi -. Non a caso alla riapertura dei nostri uffici in queste ore siamo stati inondati di chiamate di pensionati, nostri ex clienti che hanno fatto per la prima volta il precompilato, preoccupati perché non hanno ricevuto ad agosto il rimborso tanto atteso».

Nel complesso, i modelli trasmessi in provincia di Treviso sono 41.352, a Venezia sono 46.353 e a Padova sono 44.638. «Secondo i dati forniti dall’Agenzia delle Entrate – fa sapere De Franceschi – circa il 10% di questi presentano anomalie, quindi ci aspettiamo circa 4.100 lettere nel trevigiano, 4.600 a Venezia e 4.400 nel padovano. Le comunicazioni riguardano modelli in cui sono indicati dati non corretti o anomali come, ad esempio, i giorni delle certificazioni uniche prodotte dall’INPS non indicati correttamente, talune spese mediche e sanitarie non deducibili o indicate nel modello anche se già rimborsate dalle assicurazioni e, non ultimo, chi non ha fatto il modello anche se tenuto».

«Il sistema del precompilato pertanto è da ritenersi ancora acerbo – continua l’esperto – non avendo ancora pesato bene l’utenza che non sempre è sufficientemente preparata sia a livello informatico sia normativo a fare da sé il modello visto che in molti casi conferma senza verificare i dati, che spesso sono parziali o inesatti. L’invio delle 220mila comunicazioni ne è l’amara conferma».

Qualora il contribuente abbia ricevuto l’avviso può sistemare le anomalie e contestazioni o attraverso il modello 730 integrativo o con un modello unico. «La scelta spesso è determinata dal risultato – spiega De Franceschi  -: se a debito o minor credito d’imposta si dovrà pagare con modello F24 calcolando le sanzioni ridotte con il ravvedimento operoso per i giorni di ritardato nel pagamento e successivamente si deve fare un modello unico integrativo da trasmettere entro il 30 settembre. Se a credito o a maggior credito o per variazione del sostituto d’imposta potrà compilare un modello 730 integrativo entro il 31 ottobre che produrrà il rimborso spettante entro la liquidazione del cedolino di dicembre, quindi entro il 10 gennaio 2017. In assenza del sostituto d’imposta (datore di lavoro) il rimborso verrà fatto direttamente dall’Agenzia delle Entrate. In tutti i casi consigliamo di farsi assistere da un professionista abilitato o da un CAF di vostra fiducia».

TTIP, De Franceschi: “Negoziati falliti solo a causa Brexit”

La Gran Bretagna è “un cane sciolto” che può commerciare con i 53 paesi del Commonwealth e se ne “infischia” degli accordi con l’Ue.

 Il trattato di libero scambio Usa-Ue è fallito. A dirlo il vicecancelliere e ministro dell’Economia tedesco, Sigmar Gabriel, secondo cui “come europei non possiamo accettare supinamente le richieste americane”. Per il tributarista veneto Alberto De Franceschi la vera ragione del naufragio del trattato, però, “nasce solo in seguito ad alcuni fatti importantissimi. Brexit, ad esempio, che ha rotto gli schemi di accordo e ha fatto cambiare posizione a molti, Hilary Clinton compresa”.

Perchè? “Semplice – spiega l’esperto -. La Gran Bretagna ha un trattato, il Commonwealth, che, con i suoi 53 Stati aderenti, le consente di ‘infischiarsene’ di accordi con l’Europa: grazie ai Paesi del Commonwealth (come, giusto per fare due esempi, Canada e Hong Kong, etc.) può commerciare ciò che vuole sia negli Stati Uniti che in Europa”.

“Con Brexit la Gran Bretagna non ha più vincoli e questo la rende di fatto un cane sciolto – incalza De Franceschi -. Non a caso ha già paventato la rottura dell’embargo con la Russia e la ripresa delle trattative commerciali. Cosa che a noi italiani è costata tantissimo e che così facendo invalida qualunque azione repressiva americana nei confronti della Gran Bretagna”.

In ogni caso, avverte De Franceschi, i negoziati non sono chiusi, ma solo rimandati, anche in attesa delle prossime elezioni presidenziali americane. “Li ritroveremo rimodulati con ogni probabilità e rinominati, per camuffarli – avvisa -. A questo punto, visto che non vi è alcun accordo ufficiale che giustifichi ancora l’embargo russo che tanto ci sta danneggiando, forse è il caso di anticiparne la decadenza prima che lo faccia la Gran Bretagna”.

Da oggi più facile creare una start up, ma l’esperto De Franceschi avverte: “Bisogna garantire ricadute territoriali”

Buone notizie per chi ha in mente di aprire una start up: da oggi in Italia diventa tutto più facile. Dal 20 luglio è infatti entrata in vigore una semplificazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, che prevede l’abolizione dell’obbligo di ricorrere al notaio, in favore di una semplice firma digitale. Questo nuovo sistema determinerà un alleggerimento complessivo dell’iter per chi vuole costituirsi Società a Responsabilità Limitata (S.r.l.s).

“Secondo i dati del Cerved in Italia ci sono 10mila start-up innovative – fa sapere il tributarista veneziano Alberto De Franceschi -, di cui 5.252 iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese e 4.943 potenziali non ancora iscritte”. Numeri positivi, ma non del tutto: “Dagli stessi dati emerge che tutte queste nuove start up non hanno prodotto, a oggi, una significativa ricaduta sul territorio in cui operano – evidenzia l’esperto -. In sostanza, non c’è un corrispettivo aumento della produzione”. I dati, infatti, attestano un incremento del fatturato nel comparto economico dei servizi in Italia (+1,1% tra il 2014 e il 2015) in parte dovuto proprio al lavoro di tutte queste start up, ma non un parallelo aumento nel settore dell’Industria (+0,3%). “Questo può dipendere da almeno due fattori – spiega De Franceschi -: o le start up nascono in Italia ma poi vanno a produrre i loro prodotti all’estero oppure restano confinate nell’ambito dei servizi (come, ad esempio, per l’invenzione delle app molto in voga) che non determinano però ricadute concrete, cioè non creano prodotti e quindi non contribuiscono al rilancio del settore manifatturiero, dando vita a nuove opportunità lavorative”.

Per questo, per De Franceschi, è necessario che gli incentivi alle nuove start up “privilegino proprio quelle realtà che portano in dote una reale utilità nel ciclo economico/produttivo”. E questo vale soprattutto per il Veneto dove la Regione ha predisposto due bandi (Link) per supportare la nascita di nuove imprese, sia attraverso incentivi diretti sia attraverso l’offerta di servizi e interventi di micro-finanza, per un importo di 4,5 milioni di euro per il primo bando e di 5 milioni di euro per il secondo. Per partecipare al primo bando c’è tempo fino al 27 luglio 2016, mentre per il secondo fino al 27 ottobre.

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Brexit, De Franceschi “Grandi opportunità per l’Italia e la finanza creativa”

L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea non determinerà perdite devastanti, ma anzi darà nuovi incentivi alla finanza creativa, e alle start up – soprattutto quelle italiane – che vorranno trovare un terreno fertile in cui far partire il proprio business con importanti agevolazioni fiscali. La posizione, già espressa dal tributaria veneziano Alberto De Franceschi, trova oggi conferma anche dalle pagine del Financial Times, che mette in luce le opportunità della Brexit per le imprese italiane. “La Gran Bretagna si candida ad essere il prossimo paradiso fiscale, una realtà che comunque è sempre esistita grazie al Commonwealth e alle deroghe della CEE, come ad esempio l’autonomia monetaria”. Restare in Europa nei prossimi anni, avvisa De Franceschi, avrebbe comportato la perdita di questi privilegi e vantaggi. “Basti pensare che già oggi molti italiani investono e depositano grandi somme di denaro a Londra. Quindi l’uscita della Gran Bretagna rappresenta una opportunità per tutte le piccole e medie imprese che desiderano far partire la propria idea di business in un regime fiscale positivo e vantaggioso”.

De Franceschi- Ad Albignasego un incubatore di imprese per sostenere start up vincenti e innovative

Promuovere le nuove idee e l’imprenditoria locale, ravvivando il tessuto finanziario veneto grazie a una sinergia tra pubblico e privato. Questi gli obiettivi che si pone il nuovo incubatore di impresa che nascerà ad Albignasego (PD). Dopo Santa Maria di Sala (VE), comune che vanta una delle aree industriali più ricche e giovani della provincia di Venezia, tocca a Padova, che si candida a diventare un hub di sviluppo e sostegno alle nuove imprese.

Ad appoggiare l’iniziativa, promossa dal Comune di Albignasego e dall’Assessorato alle attività produttive, anche questa volta, c’è l’Associazione 2010 presieduta da Alberto De Franceschi, consulente aziendale. “L’incubatore riceverà i finanziamenti da un Programma Operativo Regionale (POR) di 4 milioni e mezzo di euro, stanziati per lo sviluppo delle nuove imprese -fa sapere De Franceschi -. Ad Albignasego vogliamo creare un centro che raccolga idee e intuizioni imprenditoriali a favore di una nuova progettualità. Non solo, prevediamo anche un percorso di assistenza: gli imprenditori verranno indirizzati verso gli strumenti economici e finanziari utili a sviluppare la loro idea di business, verificando inoltre che sia un’idea vincente, funzionante anche nel lungo termine”.

Entusiasta Gregori Bottin, vicesindaco del Comune di Albignasego con delega alle Attività produttive, che commenta: “Siamo felici di questo traguardo. In un comune come Albignasego un amministratore deve comportarsi come un manager: per garantire ai suoi cittadini un comune sano occorre offrire delle opportunità. Il mondo non si ferma e il nostro compito è quello di trovare nuove soluzioni e creare sinergie con il resto del territorio. In questo caso, con liberi professionisti e aziende private”.

“Nel nostro territorio – conclude De Franceschi – abbiamo delle eccellenze veramente invidiabili, dunque se ci attrezziamo possiamo essere competitivi anche in Europa, dove siamo già visti come polo di interesse. Bisogna semplicemente spingere per creare la nostra identità ed essere i primi a creare le opportunità perché questa emerga”.

De Franceschi- A Noale gli inquilini non pagano l’affitto, ma le tasse non prevedono deroghe.

Alla proprietaria di Noale arrivano avvisi bonari e cartelle esattoriali:”Questa storia mi ha prosciugata. Sarebbe giusto interrompere la tassazione sull’immobile”.

Da più di un anno non percepisce i soldi dell’affitto dato in locazione, ma deve comunque pagarci le tasse e pure le spese condominiali. Non avendo i soldi, ecco l’arrivo di avvisi bonari e cartelle esattoriali. È il caso (non certo isolato) di una signora di Noale – che chiede di restare anonima – seguita dallo studio di Alberto De Franceschi, tributarista.

La donna, un’insegnante in pensione, avrebbe stipulato nel 2014 un contratto di affitto 4+4, concedendo il suo immobile in locazione a due giovani italiani per 450 euro mensili. I due, inizialmente, hanno regolarmente corrisposto i primi mesi d’affitto. Poi, a partire da marzo 2015 e per tutto l’anno solare, non hanno più versato un soldo, costringendo la proprietaria a pagare non solo le tasse – tra cui la cedolare secca, che da sola prevede una tassazione del 21% l’anno – ma anche le spese delle utenze domestiche, per evitare ulteriori ripercussioni sull’immobile. In Italia, purtroppo, non è così facile rivalersi sugli affittuari inadempienti: per un’ordinanza di sfratto esecutivo per morosità, infatti, devono trascorrere tra gli 8 e i 12 mesi, e nel frattempo i proprietari devono continuare a pagare le tasse sull’immobile, senza alcuna tutela.

La proprietaria, in questo caso, ha inviato un’intimazione di sfratto agli inquilini, seguita da un’ordinanza di sfratto esecutivo, ma entrambe sono state ignorate, e i locatari hanno continuato a vivere indisturbati nell’appartamento, finché a marzo 2016 è intervenuto l’ufficiale giudiziario, disponendo lo sgombero dei locali per il mese di aprile. Al danno, però, si aggiunge la beffa: considerate le pessime condizioni in cui è stato ritrovato l’appartamento, la donna adesso dovrà investire circa 8mila euro per riportare l’immobile a uno stato accettabile.
“Non è possibile che alla fine noi veniamo tassati per non percepire nulla sull’immobile – commenta la protagonista della vicenda -. Nel momento in cui c’è un’ordinanza e la gente continua a non pagare gli affitti sarebbe giusto interrompere la tassazione sull’immobile. Pago già l’Imu sulla seconda casa, sono un’insegnante in pensione e prendo 690 euro di pensione al mese. Questa vicenda mi ha prosciugata”.

De Franceschi rileva: “Il tema di tassazione degli affitti non percepiti è molto complesso. Anche se recentemente è stata introdotta una norma per non tassare quanto non si è percepito, purtroppo resta condizionata all’istanza di sfratto e alla sua accettazione da parte del tribunale. In pratica, servono minimo altri tre mesi. Per poi non dire che in talune situazioni lo sfratto non si concretizza e che le spese (condominiali) in caso di mancato pagamento da parte dell’inquilino rimangono sempre a carico del locatore (il proprietario) che così facendo aumenta il credito di difficile incasso”.

“Ora ritornando all’aspetto fiscale –  aggiunge De Franceschi – si deve far notare che se l’accettazione non avviene entro il 30.9 dell’anno successivo a quello dei redditi da dichiarare (per capire, oggi se gli affitti sono del 2015 entro il 30.9.2016) questi andranno tassati e poi verranno recuperati nella dichiarazione dell’anno successivo. Nel caso della nostra assistita noi abbiamo dovuto considerare sia la rateazione con l’istituto del ravvedimento operoso (quindi sanzioni e interessi seppur in forma agevolata) che la rateazione delle cartelle in quanto la cliente non aveva ovviamente i soldi per pagare quanto non percepito. Visto tutta l’informatizzazione della PA e i dati trasmessi dalle banche penso oggi sia semplice poter non far dichiarare ai proprietari gli affitti non percepiti e verificarli velocemente nei conti bancari senza tutta la burocrazia richiesta che allunga i tempi ed appesantisce le situazioni già molto precarie in molti casi”.

Brexit, De Franceschi: “Ora Londra meno attrattiva per le start up e per l’export”

Quali i possibili vantaggi e svantaggi che potrebbero avere le startup, e più in generale tutto il mercato dell’innovazione, alla luce del Brexit? Alberto De Franceschi, consulente aziendale veneziano e promotore dell’incubatore NoaleStart, evidenzia: “Londra è ormai un consolidato punto di riferimento degli investimenti in Europa, il vero e proprio hub. Ma ora anche le startup italiane possono valutare meno appetibile Londra visto lo spostamento degli investitori su piazze come Berlino e Parigi, creando così più opportunità anche per altri luoghi Veneto compreso”.

Effetti potrebbero esserci anche da un punto di vista lavorativo. “Le limitazioni aggiuntive nei flussi migratori renderanno difficile la libera circolazione delle persone e danneggeranno inevitabilmente il mercato del lavoro britannico. Ma da un’altro punto di vista agevoleranno i nostri giovani a guardare meglio le opportunità del proprio territorio”.Il Regno Unito è così più isolato, con la possibilità di un aumento di dazi doganali alla circolazione delle merci. Oltre il 50% delle importazioni inglesi viene dall’Unione Europea, con oltre la metà di questo import dall’Europa che serve come ‘bene intermedio’, ovvero è utile a produrre altri beni e servizi Made in England.  Senza un accordo di libero scambio successivo alla Brexit entro il 2020, il PIL britannico potrebbe calare del 5%”.

Cittadini stranieri, carichi di famiglia ed elusione fiscale, l’Inps interviene dopo la denuncia di De Franceschi

“Sono soddisfatto che almeno si inizi a riconoscere che c’è un problema di elusione. Mi rammarico però che il fenomeno sia noto dal 2014 e che le norme anziché arginare il problema siano state modificate a vantaggio di una chiara facile elusione”. Così Alberto De Franceschi, tributarista veneziano, commenta il messaggio dell’Inps, diffuso solo pochi giorni dopo la sua denuncia a mezzo stampa di elusione fiscale perpetrata da molti cittadini stranieri che nella dichiarazione dei redditi inseriscono famigliari a carico senza adeguata documentazione. “L’INPS ora chiede che gli stati sottoscrittori di accordi operino meglio e forniscano più informazioni, pena il mancato inserimento dei carichi di famiglia con documentazione non a norma. Resta però aperto il problema dell’autocertificazione, che resta ampiamente discrezionale. La circolare nasce quindi dall’esigenza di porre un freno su quanto da me evidenziato riscontrando che il fenomeno esiste e va sanato”.

 

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